Le materie non sono un bene infinito.
L’architettura usa una grande quantità di materie per essere realizzata.
È evidente che abbiamo un problema con le materie in architettura, e non solo.
L’architettura contemporanea deve interpretare questi problemi ineludibili, tramutandoli in forme e spazi, utilizzando le materie disponibili in modo diverso: per farlo dovremmo pensarla non più come un bene ma come un servizio. Un servizio per le persone, un servizio per il pianeta.
L’architettura contemporanea può essere semplice invece che formalmente sorprendente, ma ancora di più può essere dinamica e vissuta. Architettura come servizio vuol dire che l’utente non acquista un bene ma una prestazione, che la responsabilità rimane in capo al produttore che cede il servizio richiesto: in questo modo gli edifici divengono banche di materiali.
Diventa necessario, allora, ricalibrare l’uso delle risorse in equilibrio con il pianeta per costruire luoghi di vita adatti a migliorare il benessere delle persone.

Con quali materiali costruiremo l’architettura di domani?
L’utilizzo dei materiali nell’architettura diverrà di straordinaria importanza per la tutela della salute, del benessere, del clima, e delle risorse disponibili del pianeta. L’architettura contemporanea dovrà utilizzare le materie disponibili in modo diverso, in equilibrio con il pianeta per costruire luoghi di vita adatti a migliorare il benessere delle persone.
Andrea Rinaldi è architetto, Professore Aggregato in Composizione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara e Presidente del Comitato Scientifico di Future Build.
Direttore di Architettare e socio fondatore del Laboratorio di Architettura di Reggio Emilia, si occupa di progettazione architettonica e rapporto tra abitare e sostenibilità, conseguendo numerosi premi in concorsi di progettazione. Direttore e docente di corsi post-laurea, componente di comitati scientifici di riviste e convegni, ha al suo attivo molte pubblicazioni di volumi, capitoli di libro e articoli sulla composizione architettonica, rigenerazione e sostenibilità.

La vita si rinnova, giorno dopo giorno.
L’uomo, una sughereta, un bosco di querce, una montagna, con tempi diversi si rigenerano, cellula dopo cellula.
Pensare ad un’architettura e ad un modo di vivere gli spazi etico, onesto, capace di favorire la rigenerazione cellulare è possibile.
Costruendo, insieme alla natura.

Marco Carini, classe ‘68, si diploma come interior designer presso l’Istituto di Arredamento e Architettura d’Interni di Cremona e presto si ispira al motto “I don’t want to be interesting, I want to be good” di Mies van der Rohe. Il suo lavoro è un modo per trasformare in poetico il fluire, talvolta prosaico, della vita. La passione per la luce e le sue forme lo porta a ricercare, nei progetti di design, un dialogo tra grazia ed equilibrio, senza tralasciare un tocco ironico. Collabora attivamente con Salvatori, Granorte, azienda portoghese che produce rivestimenti e arredi in sughero, con Nodus, per cui ha disegnato tappeti in fibre e colori naturali e con Listone Giordano.
Nella progettazione d’interni si legge la voglia quotidiana di trovare la ricetta giusta, mescolando materiali naturali e proponendo soluzioni inedite e sostenibili.

Gli approcci sostenibili basati sul principio dell’economia lineare sono inadatti a rispondere efficacemente all’emergenza energetica degli edifici esistenti: è necessario e quanto mai urgente un cambio di mentalità e di approccio a favore di modelli circolari. Il progetto H2020 – REBECCA (acronomio inglese Renovating the Existing Buildings Environment through the Combination of Circular economy and the Add-on’ strategy - mira a dimostrare l’attrattività e il potenziale impatto dato dall’applicazione di processi circolari alla riqualificazione degli edifici esistenti.
Per fare ciò, la ricerca prende in esame il patrimonio edilizio esistente e sviluppa strategie e tecniche di ristrutturazione basate sui modelli circolari per la riqualificazione energetica (CiR) e per le addizioni volumetriche (CiA), intese come una (o un insieme di) aggiunte volumetriche che aumentano il valore immobiliare degli edifici esistenti. Attraverso l’applicazione su svariati ed eterogenei casi di studio, la ricerca si pone come obbiettivo di dimostrare che le ristrutturazioni edilizie possono essere realizzate a costo zero (attraverso modelli immobiliari autofinanziati), senza generare rifiuti (con percorsi virtuosi di gestione dei materiali) e zero energia (riducendo i consumi e integrando le fonti di energia rinnovabile). In sintesi, REBECCA propone un nuovo paradigma di circolarità nella pratica della ristrutturazione edilizia, che mira a ridurre i tempi di ritorno dell’investimento degli interventi, rafforzare la fiducia dei principali investitori, aumentare la qualità e l’attrattività del patrimonio edilizio esistente e, in ultima istanza dunque, di raggiungere una concreta accelerazione del mercato verso l’obiettivo di Carbon Zero del parco immobiliare europeo.
Studia all’Università di Bologna e alla Deakin University di Melbourne; si laurea con lode in Ingegneria Edile nel 2011, consegue il titolo di Energy Manager nel 2014 e si dottora in Architettura Tecnica nel 2016 in collaborazione con la FFH di Francoforte. Dopo svariate esperienze lavorative in Olanda e in Germania, apre lo studio di architettura e ingegneria Dueterzi. Lavora come project manager a diversi progetti europei Horizon2020 sul tema delle addizioni volumetriche come strategia per la riqualificazione energetica, suo principale ambito di ricerca. Si abilita nel 2018 come professore associato in Architettura Tecnica e insegna Sustainable Building Design presso l’Università di Bologna dal 2016 al 2019. Nel 2021 scrive il progetto di ricerca Rebecca che viene finanziato all’interno dello schema Marie Curie, il progetto durerà 3 anni e si basa sulla collaborazione di enti di ricerca, organizzazioni pubbliche e private, professionisti e associazioni a livello nazionale ed europeo.

La produzione, l’uso e lo smaltimento di materiali da costruzione come acciaio, plastica, alluminio e cemento sono responsabili di quasi un quarto di tutte le emissioni globali di CO2. Per raggiungere il net-zero, è necessaria una transizione dei materiali basata sull’implementazione di modalità di produzione ed approvvigionamento dei materiali a minore impatto, all’applicazione dei principi dell’economia circolare per ottimizzare l’uso e il riutilizzo degli stessi e su di una scelta dei materiali più consapevole da parte di progettisti e architetti.
Ricercatrice post-dottorato presso il Dipartimento ABC del Politecnico di Milano, è interessata a definire nuove metodologie pratiche per raggiungere la neutralità climatica per il settore delle costruzioni facendo uso di materiali biobased. Durante il dottorato, ha collaborato con realtà internazionali (come Atelier Lumas Arles e SPAN Paris) e ha acquisito esperienza nel campo della ricerca accademica, incluso il coordinamento e la supervisione di progetti e studenti, durante il periodo di scambio presso la Chair of Sustainable Construction all’ ETH di Zurigo.
